2014/12/23

Garante della privacy: provvedimenti sul diritto all'oblio

Riporto di seguito un estratto della newsletter del Garante Privacy, consultabile sul sito dell'autorità.
"Il Garante privacy ha adottato i primi provvedimenti in merito alle segnalazioni presentate da cittadini dopo il mancato accoglimento da parte di Google delle loro richieste di deindicizzare pagine presenti sul web che riportavano dati personali ritenuti non più di interesse pubblico. A seguito della recente sentenza della Corte di Giustizia europea sul diritto all'oblio, Google è infatti tenuta a dare un riscontro alle richieste di cancellazione, dai risultati della ricerca, delle pagine web che contengono il nominativo del richiedente reperibili utilizzando come parola chiave il nome dell'interessato.
La società deve valutare di volta in volta vari elementi quali ad esempio: l'interesse pubblico a conoscere la notizia, il tempo trascorso dall'avvenimento, l'accuratezza della notizia e la rilevanza della stessa nell'ambito professionale di appartenenza. Di fronte al diniego di Google, gli utenti italiani possono rivolgersi al Garante per la privacy o all'autorità giudiziaria.
Le segnalazioni e i ricorsi pervenuti al Garante, riguardano la richiesta di deindicizzazione di articoli relativi a vicende processuali ancora recenti e in alcuni casi non concluse.
In sette dei nove casi [doc. web nn. 3623819, 3623851, 3623897, 3623919, 3623954, 3624003 e 3624021] definiti il Garante non ha accolto la richiesta degli interessati, ritenendo che la posizione di Google fosse corretta in quanto è risultato prevalente l'aspetto dell'interesse pubblico ad accedere alle informazioni tramite motori di ricerca, sulla base del fatto che le vicende processuali sono risultate essere troppo recenti e non ancora espletati tutti i gradi di giudizio.
In due casi [doc. web nn. 3623877 e 3623978], invece, l'Autorità ha accolto la richiesta dei segnalanti. Nel primo, perché nei documenti pubblicati su un sito erano presenti numerose informazioni eccedenti, riferite anche a persone estranee alla vicenda giudiziaria narrata. Nel secondo, perché la notizia pubblicata era inserita in un contesto idoneo a ledere la sfera privata della persona. Tutto ciò in violazione delle norme del Codice privacy e del codice deontologico che impone di diffondere dati personali nei limiti dell'"essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico" e di non descrivere abitudini sessuali riferite a una determinata persona identificata o identificabile. L'Autorità ha quindi prescritto a Google di deindicizzare le url segnalate".

2014/10/30

Garante Privacy: email promozionali senza consenso

Il Garante ha dichiarato illecito il trattamento di dati effettuato da una società che inviava email promozionali agli utenti che avevano sottoscritto un form online per la ricezione di newsletter.
Il Garante ha ribadito il principio per il quale i cittadini devono poter essere in grado di decidere liberamente se ricevere o meno comunicazioni promozionali, al di là del consenso prestato per la ricezione di newsletter. 
Da tale declaratoria discende dunque l'inibizione alla prosecuzione del trattamento per finalità promozionali. Qualora l'azienda intenda inviare email di questo tipo dovrà modificare il form di registrazione in modo da consentire agli utenti la possibilità di esprimere, un preventivo e specifico consenso per la ricezione di email promozionali. 
L'Autorità sta valutando, con separato provvedimento, l'applicazione della sanzione amministrava per l'illecito commesso.

2014/10/22

Garante Privacy: Big Data nelle statistiche nazionali

Il Garante ha dato l'ok allo schema di Programma statistico nazionale 2014-2016 predisposto dall'Istat, che prevede la possibilità di utilizzare i Big Data di telefonia mobile, al fine di stimare, a livello aggregato, i flussi di mobilità intercomunali delle persone. 
A tal fine tratta i dati relativi al "call detail record" (cdr), ossia  un numero progressivo assegnato dal gestore telefonico all'utente che effettua la chiamata, al quale vanno aggiunte le informazioni relative al Comune nel quale si trova la cella di effettuazione, la data e l'ora della chiamata. 
Il Garante, tuttavia, ha richiesto precise garanzie a tutela degli interessati, dato il rischio di giungere ad una re-identificazione dell'interessato attraverso informazioni apparentemente anonime.
In particolare l'Istat dovrà fare in modo che sia esclusa qualsiasi possibilità di raccordo tra il cdr e gli identificativi originali. Inoltre, dovranno essere oscurate le frequenze di flusso inferiori a tre unità.
Il Garante si è infine riservato di svolgere controlli mirati anche sui trattamenti svolti dai gestori telefonici.
 

2014/09/30

La responsabilità del provider: Delta Tv vs Google/Youtube

Il Tribunale di Torino, con ordinanza del 23 giugno 2014, nell’ambito di un procedimento attivato da Delta TV nei confronti di Google Ireland Holdings, Google Inc, e Youtube LLC, in relazione alla diffusione di materiale audiovisivo protetto, è intervenuto sul delicato tema del bilancia-mento tra la tutela della proprietà intellettuale e la salvaguardia della libertà di espressione nella società dell’informazione; tema che involge un’ulteriore spinosa questione: la responsabilità degli internet service provider.
Delta TV, asserendo di essere esclusiva titolare dei diritti di sfruttamento economico di alcune telenovelas sudamericane, inclusa la versione italiana delle stesse, ed avendo rilevato la presenza di alcuni episodi delle medesime sui siti Youtube.it e .com, a seguito di formale diffida alle controparti, chiedeva, in sede cautelare, (i) la cancellazione o rimozione dei files relativi alle telenovelas; (ii) l’inibizione dell’ulteriore trasmissione o diffusione delle stesse e, infine (iii) l’imposizione di una penale, ex art. 156 l.d.a., per ogni inosservanza agli ordini di rimozione e di inibitoria.
Tali doglianze, inizialmente disattese dal Tribunale, trovavano tuttavia accoglimento nel successivo procedimento di reclamo, in occasione del quale i giudici torinesi hanno confermato l’orientamento nazionale e comunitario prevalente.
Nel ricercare il giusto equilibrio tra tutela della proprietà intellettuale e della libertà d’espressione, i giudici torinesi richiamano innanzitutto alcuni fondamentali principi dell’ordinamento comunitario  volti a delineare l’assetto delle responsabilità dei soggetti coinvolti nella prestazione dei servizi della  società dell’informazione:
- l’hosting provider è esente da responsabilità nella misura in cui svolga un’attività di tipo tecnico, automatico e passivo consistente, unicamente, nel fornire accesso ad una rete di comunicazione elettronica;
- l’hosting provider, appena ricevuta notizia dell’illecito, è tenuto ad attivarsi per la rimozione delle informazioni o per l’impedimento dell’accesso alle stesse;
- il ricorrere di ipotesi di limitazione di responsabilità non esclude la possibilità di azioni inibitorie;
- fermo il divieto di imporre all’hosting provider un obbligo di sorveglianza preventivo e generale, non è esclusa la possibilità di imporre obblighi di sorveglianza in casi specifici.  In proposito la giurisprudenza comunitaria ha precisato che pur potendosi pretendere dal provider che questi prevenga ulteriori future violazioni, non sono ammissibili provvedimenti che impongano, attraverso misure eccessivamente gravose, obblighi di controllo diretti a prevenire qualsiasi futura violazione dei diritti di proprietà intellettuale .
Il Tribunale, muovendo dai principi dianzi esposti, recepiti peraltro dall’ordinamento interno così come dalla prevalente giurisprudenza nazionale, ha compiuto un’analisi della figura dell’hosting provider che tenesse conto delle evoluzioni delle tecno-logie e delle strategie commerciali del settore.
L’hosting provider, infatti, è ben lungi oggi dall’essere una figura passiva e neutra rispetto all’organizzazione e alla gestione dei contenuti.  Il prestatore, e segnatamente Youtube, svolge un’attività finalizzata alla gestione complessiva dei contenuti caricati dagli utenti, i quali vengono riorganizzati, indirizzati e “suggeriti” ai singoli utenti di cui son tracciati i profili di consumo.  Tale attività – che costituisce il valore aggiunto del servizio di Youtube determinando un accrescimento degli introiti pubblicitari della piattaforma implica che il prestatore diventi portatore di una significativa potenzialità lesiva di diritti di terzi, con l’effetto che diventa necessaria una maggiore responsabilità a suo carico.  In tale ottica, dunque devono essere interpretate le norme sia comunitarie e nazionali.
Conseguentemente, secondo i giudici torinesi, avuto riguardo al caso di specie, deve ritenersi che sia del tutto legittimo un provvedimento che, in via cautelare, imponga al prestatore non solo di porre fine a violazioni già perpetrate, ma di prevenire anche nuove violazioni.  Segnatamente ben può esse-re imposto al prestatore l’obbligo di impedire nuovi caricamenti dei medesimi contenuti sulla propria piattaforma.  Ciò non si traduce infatti in un obbligo di sorveglianza preventivo e generale ma consiste in un intervento specifico, mirato su contenuti ben determinati e successivo ad una denuncia.  Inoltre tale intervento non risulterebbe neanche eccessivamente gravoso, stante la possibilità per il prestatore di utilizzare a tal fine il Content ID, tecnologia che consente agevolmente di individuare, attraverso un apposito software, i file lesivi dei diritti terzi.
Il Tribunale, dunque, accoglie l’istanza di reclamo avanzata da Delta Tv e ordina a Google Inc. e a Youtube LLC di rimuovere dalla piattaforma Youtube gli audiovisivi di cui agli URL comunicati da Delta TV; ordina loro di impedire l’ulteriore caricamento sulla piattaforma dei medesimi materiali impiegando a tal fine, a propria cura e spese, il software Content ID e utilizzando come references file i contenuti caricati ai predetti URL.  Rigetta invece la domanda cautelare nei confronti di Google Ireland Holdings .
L’ordinanza esaminata si colloca nel filone giurisprudenziale attualmente prevalente sia a livello comunitario che nazionale.
Rammentando la possibilità di enucleare tre diverse linee di pensiero che interpretano in maniera più o meno stringente la normativa vigente , la pronuncia considerata rientra nella corrente che ha tentato di risolvere  le problematiche afferenti la responsabilità del provider, creando la figura dell’hoster attivo.
La giurisprudenza, infatti, preso atto delle evoluzioni tecnologiche e delle strategie commerciali nella società dell’informazione, avuto particolare riguardo a provider come Youtube, è giunta a distinguere tra la figura dell’hosting provider “passivo” che effettivamente si limita ad una mera e neutra attività di intermediazione, e la figura  dell’hosting provider “attivo”, che di fatto svolge una significativa attività di organizzazione e gestione del materiale caricato dagli utenti, guadagnando dall’accrescimento degli introiti pubblicitari che tale attività di riorganizzazione e targettizzazione sulle abitudini dell’utente comporta .  Tale distinzione concettuale si traduce anche in una differente valutazione delle responsabilità attribuibili agli hosting provider.  E’ chiaro infatti che attività così significative come quelle descritte non potrebbero giustificare un’assenza o una significativa limitazione di responsabilità in capo al prestatore.
L’ordinanza in commento è conforme, inoltre, all’orientamento attualmente prevalente circa l’applicazione del principio per cui l’obbligo di rimozione sorge unicamente a fronte di una diffida specifica contenente cioè gli indirizzi compendiati in singoli URL.
Allo stesso modo, la suddetta pronuncia si pone in linea con la corrente predominante anche in relazione alla possibilità di imporre misure intese a prevenire la commissione di ulteriori illeciti.
Conformemente ai principi statuiti dalla Corte di Giustizia, in base ai quali non sono ammessi né obblighi di sorveglianza preventivi e generalizzati  né misure sproporzionate ed eccessivamente inique o costose, i giudici torinesi hanno ritenuto  che la finalità di prevenzione degli illeciti possa essere utilmente conseguita mediante l’impiego, da parte del provider, del software Content ID, utilizzando come references file i contenuti caricati agli URL indicati dal titolare dei diritti.
L’imposizione di tale misura non sembra che possa contrastare con i principi generali in materia, per essere la predetta circoscritta a specifici contenuti previamente determinati, e per essere altresì successiva rispetto ad una denuncia già effettuata.  Inoltre l’adempimento da parte del prestatore non sembra eccessivamente oneroso sul piano pratico: il prestatore, infatti, come si diceva innanzi, non è tenuto neanche a caricare i references file, già presenti sulla piattaforma in corrispondenza degli URL segnalati; né si ritiene che sia iniqua o sproporzionata la circostanza che siano posti a carico del prestatore i costi per l’espletamento della procedura qui indicata.

2014/09/28

ICT: new guidelines on child online protection

On September 2014, the International Telecommunication Union, the UNICEF and two United Nations agencies published the new guidelines on child online protection, for mobile operators, internet service providers, content providers, online retailers, app developers, social media providers, public service broadcasters, and operating system developers.
The purpose of the guidelines is to ensure the safety of children when using ICT technologies. 
Hence, companies have to focus on: (i) integrating child rights considerations into the corporate policies and management processes, (ii) developing standard processes to handle child sexual abuse material, (iii) creating a safer and age-appropriate online environment, (iv) appointing a qualified team as a responsible for the online child safety; (v) developing of notice and takedown procedures; (iv) educating children, parents, and teachers about children’s safety.

2014/06/16

Opere d'arte e diritti museali

Non tutti lo sanno ma anche se le opere d'arte sono cadute in pubblico dominio deve essere riconosciuta la tutela dei diritti del museo in cui l'opera è custodita.
Secondo l'interpretazione maggioritaria, tale diritto rientrerebbe in quello generale del diritto di proprietà che riserva al proprietario la facoltà esclusiva di sfruttare economicamente i propri beni.
Pertanto anche scaduti i diritti sul corpus mysticum resterebbero i diritti sul corpus mechanicum dell'opera custodita in un luogo chiuso con conseguente necessità del consenso del proprietario, pubblico o privato, per qualsiasi sfruttamento della stessa.

2014/05/22

Plagio e Fumetti

Tra due opere somiglianti, quando posso escludere l'ipotesi di plagio?
Se nel settore della musica è difficile stabilire quando si versi in un'ipotesi di plagio, il percorso non appare agevole neanche nel campo dei fumetti e del disegno in generale.
Estremamente sfumata, infatti, è linea di demarcazione tra liceità e illiceità in questo ambito, ove la sensibilità del giudice qui, più che in altri settori, appare assai rilevante.
Giusto qualche riga, dunque, per individuare alcune linee generali.
Perché possa parlarsi di plagio, occorre evidentemente che le due opere siano obiettivamente somiglianti e che la nuova opera non presenti carattere di originalità.
Al contrario ove l'opera successiva rispecchi la personalità dell'autore ed esprima il suo modo individuale di rappresentare fatti, idee, situazioni, emozioni e sentimenti, difficilmente si può immaginare che si ricada in ipotesi di plagio, benché sia ravvisabile una vaga e generica somiglianza con un'opera antecedente.
Si è dunque fuori dall'ipotesi di plagio quando l'opera sia  sostanzialmente nuova ed originale nello stile espressivo e in tutti i suoi elementi, singolarmente e complessivamente considerati; ossia quando vi sia una significativa distanza sia sul piano grafico (tratto, caratteristiche, espressioni etc.) sia sul piano della contestualizzazione (situazioni, luoghi, comportamenti, interazione con altri personaggi, sentimenti, significati etc.).
Pochi peraltro sono i casi su cui è intervenuta la giurisprudenza italiana.
Un precedente riguarda il caso "Calvin" in cui, in sede cautelare, è stato inibito l'uso del personaggio.






2014/04/29

Siti web: informazioni aziendali obbligatorie

Ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. n. 633/1972, l’home page dei siti web devono contenere:
- il numero di partita iva.
In caso di mancata indicazione di tale dato, è prevista l’irrogazione di una sanzione compresa tra € 258,23 e € 2.065,83.
Ai sensi degli art. 2250 e 2199 (quest’ultimo relativo alle ditte individuali) del Codice Civile, l’home page deve recare inoltre l’indicazione di:
- ragione sociale;
- sede della società;
- ufficio del registro delle imprese presso il quale la società è iscritta e il relativo numero d’iscrizione;
- capitale sociale versato, per le società a responsabilità limitata, società per azioni e società in accomandita per azioni;
- socio unico (ove ricorra tale circostanza);
- indicazione dello stato di liquidazione (ove si verifichi tale evento).
In caso di mancata indicazione di tali dati, l’articolo 2630 del Codice Civile prevede l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra € 103,00 e € 1.032,00.

2014/03/12

Product Placement e bevande alcoliche

La disciplina del product placement (articolo 40 bis del Testo unico sui servizi di media audiovisivi) non contiene limiti all’impiego di bevande alcoliche.  Né possono essere individuati limiti particolari nella disciplina generale applicabile alle  comunicazioni commerciali audiovisive, più ampio genus in cui rientra l’inserimento di prodotti.
L’articolo 36 bis comma 1, lett. e) del Testo Unico, infatti, si limita a prevedere che “le comunicazioni commerciali audiovisive per le bevande alcoliche non si rivolgono specificamente ai minori né incoraggiano il consumo smodato di tali bevande”.
Tuttavia non può ignorarsi la presenza di norme più stringenti contenute nella legge 125/2001 e nel Codice di autoregolamentazione Tv e Minori.
Sebbene tali norme siano riferite alla nozione di pubblicità è altrettanto vero che le stesse inducono ad un approccio di maggior cautela, anche in considerazione del fatto che le stesse sono state emanate in epoca antecedente all’aggiornamento del Testo Unico.

Per completezza si segnala dunque il contenuto delle citate norme:

Articolo 13 della legge 125/2001 “1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le emittenti radiotelevisive pubbliche e private e le agenzie pubblicitarie, unitariamente ai rappresentanti della produzione, tenuto conto anche dell'esigenza di valorizzare le produzioni tipiche ed a denominazione di origine controllata, adottano un codice di autoregolamentazione sulle modalità e sui contenuti dei messaggi pubblicitari relativi alle bevande alcoliche e superalcoliche.
2. È vietata la pubblicità di bevande alcoliche e superalcoliche che:
a) sia trasmessa all'interno di programmi rivolti ai minori e nei quindici minuti precedenti e successivi alla trasmissione degli stessi;
b) attribuisca efficacia o indicazioni terapeutiche che non siano espressamente riconosciute dal Ministero della sanità;
c) rappresenti minori intenti al consumo di alcol ovvero rappresenti in modo positivo l'assunzione di bevande alcoliche o superalcoliche.
3. È vietata la pubblicità diretta o indiretta delle bevande alcoliche e superalcoliche nei luoghi frequentati prevalentemente dai minori di 18 anni di età.
4. È vietata la pubblicità radiotelevisiva di bevande superalcoliche nella fascia oraria dalle 16 alle 19.
5. È inoltre vietata in qualsiasi forma la pubblicità di bevande superalcoliche:
a) sulla stampa giornaliera e periodica destinata ai minori;
b) nelle sale cinematografiche in occasione della proiezione di film destinati prevalentemente alla visione dei minori.
6. La violazione delle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 è punita con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da lire 5 milioni a lire 20 milioni. La sanzione è raddoppiata per ogni ulteriore trasgressione.
7. La sanzione di cui al comma 6 si applica altresì alle industrie produttrici ed ai responsabili delle emittenti radiotelevisive e degli organi di stampa nonché ai proprietari delle sale cinematografiche.”

Articolo 4.4. del Codice di autoregolamentazione Tv e Minori: “La protezione specifica si applica nelle fasce orarie di programmazione in cui si presume che l’ascolto da parte del pubblico in età minore non sia supportato dalla presenza di un adulto (fascia oraria di programmazione dalle 16.00 alle 19.00 e all’interno dei programmi direttamente rivolti ai minori). I messaggi pubblicitari, le promozioni e ogni altra forma di comunicazione commerciale pubblicitaria rivolta ai minori dovranno essere preceduti, seguiti e caratterizzati da elementi di discontinuità ben riconoscibili e distinguibili dalla trasmissione, anche dai bambini che non sanno ancora leggere e da minori disabili. In questa fascia oraria si dovrà evitare la pubblicità in favore di: a) bevande superalcoliche e alcoliche, queste ultime all’interno dei
programmi direttamente rivolti ai minori e nelle interruzioni pubblicitarie immediatamente precedenti e successive (…)”.

2014/02/05

Filastrocche e opere audiovisive

Desideriamo utilizzare una nota filastrocca all'interno di un'opera audiovisiva.
Cosa fare?
Nessun problema se si tratta di un'opera caduta in pubblico dominio.
Ma se così non fosse?
Possono ricorrere due ipotesi.
La prima ipotesi: se si procede ad una rilettura in chiave parodistica, cioè in chiave comica con completo stravolgimento concettuale dell'opera originaria, non occorre l'autorizzazione di autore/editore dell'opera parodiata; la rilettura stessa dell'opera presuppone infatti l'impiego in tutto o in parte della stessa (Tribunale Milano, 15 novembre 1995).
In linea teorica, posto che l'opera parodistica costituisce un'opera dell'ingegno indipendente e autonomamente tutelata rispetto all'opera parodiata (Tribunale Milano 19 gennaio 1996) non dovrebbe ritenersi necessaria neanche l'acquisizione del permesso di sincronizzazione.
Tuttavia, qualora si utilizzasse una registrazione specifica, già pubblicata, occorrerebbe comunque assolvere i diritti del produttore discografico.
La seconda ipotesi: qualora non vi sia una rilettura in chiave parodistica dell'opera si ritiene necessario sia richiedere il consenso per lo sfruttamento dell'opera originaria sia richiedere il permesso di sincronizzazione agli editori dell'opera. Inoltre la Siae riscuoterà il compenso separato spettante agli autori della musica per la diffusione dell'opera audiovisiva.

2014/01/14

Riviste tecniche e attività giornalistica

Recentemente la Cassazione, accogliendo un ricorso del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti, ha stabilito che nell’ipotesi in cui una rivista o un periodico a carattere tecnico, professionale o scientifico abbia come direttore un soggetto che non sia un giornalista professionista o pubblicista, i collaboratori della rivista non potranno conseguire l’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti.
Secondo l’opinione della Corte, in ipotesi di questo tipo, infatti, la rivista o il periodico non potrebbero essere considerati mezzi di espressione di attività giornalistica.
La Corte osserva che, sebbene la Legge n. 69 del 1963 non offra una definizione di attività giornalistica, la stessa possa comunque esserne desunta in via interpretativa, muovendo innanzitutto dall’articolo 2 della suddetta che, nell’individuare i diritti e i doveri del giornalista, pone l’accento su alcuni concetti chiave dell’attività giornalistica, quali i concetti di libertà di informazione e di critica, nonché quello di verità sostanziale dei fatti.
La Corte rileva come tali concetti suggeriscono che “il profilo della attività giornalistica, non diversamente di quanto avverte l'uomo comune, è la vocazione a realizzare l'informazione sui fatti ed a farlo rispettando i criteri di verità ed adoperando l'esercizio della critica, cioè di una valutazione, secondo tutti i parametri di giudizio cui si prestano, per il loro modo di essere, da parte dell'uomo”.
La Corte muovendo da tale considerazione e richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali, chiarisce che per attività giornalistica deve intendersi “la prestazione di lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento ed alla elaborazione di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione; il giornalista si pone pertanto come mediatore intellettuale fra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso, nel senso, cioè, che sua funzione è quella di acquisire esso stesso la conoscenza dell'evento, valutarne la rilevanza in funzione della cerchia dei destinatari dell'informazione e confezionare quindi il messaggio con apporto soggettivo ed inventivo; ai fini dell'individuazione dell'attività giornalistica assumono poi rilievo la continuità o la periodicità del servizio, del programma o della testata, nel cui ambito il lavoro è utilizzato, nonché l'attualità delle notizie trasmesse, in ordine alle quali si rinnova quotidianamente l'interesse della generalità dei lettori, differenziandosi la professione giornalistica da altre professioni intellettuali proprio in ragione di una tempestività di informazione diretta a sollecitare i cittadini a prendere conoscenza e coscienza di tematiche meritevoli, per la loro novità, della dovuta attenzione e considerazione”.
La Corte si sofferma, altresì, sulla definizione dell’oggetto dell'attività informativa, inteso come “comunicazione ad una massa indifferenziata di utenti di idee, convinzioni o nozioni, attinenti ai campi più diversi della vita spirituale, sociale, politica, economica, scientifica e culturale, ovvero notizie raccolte ed elaborate con obiettività, anche se non disgiunta da valutazione critica”.
La Corte osserva dunque che benché possano esistere periodici o riviste o altri mezzi espressivi riconducibili al concetto di attività giornalistica in senso lato, occorre che negli stessi assuma prevalenza la finalità informativa nel senso appena specificato.
Tuttavia  – conclude la Corte – qualora il direttore del periodico o della rivista non sia un giornalista professionista o pubblicista, la sua attività non potrà essere considerata “giornalistica” e, conseguentemente, non potrà essere giudicata tale neanche l’attività dei suoi collaboratori.